
Privacy e sistemi operativi (Linux)
di Tino Privati
La privacy non è solo una questione di impostazioni: è una filosofia che si riflette nelle fondamenta del sistema operativo che usi ogni giorno. Linux, per struttura tecnica e modello di sviluppo, offre un controllo e una trasparenza sulla tua vita digitale che Windows e macOS faticano a eguagliare.
La privacy in un sistema operativo riguarda tre dimensioni: quali dati raccoglie il fornitore, quanto controllo hai sul software installato, e quanto è facile ridurre al minimo la “superficie” di attacco e tracciamento. Windows e macOS sono prodotti commerciali, integrati con ecosistemi cloud (account, store, servizi), mentre Linux è un ecosistema aperto, in cui il codice è ispezionabile (Open Source) e il legame con un singolo fornitore può essere nullo.
In un blog digitale ha senso spiegare che non esiste il “sistema magicamente sicuro”, ma esistono piattaforme che di default rispettano di più il principio “minimizzare i dati raccolti”. Linux nasce proprio con questa mentalità: condividi solo ciò che scegli consapevolmente di condividere. Windows e macOS, al contrario, partono con una forte integrazione cloud, che porta quasi inevitabilmente a più telemetria, più sincronizzazione, più profili utente costruiti sui tuoi comportamenti.
Windows: telemetria per impostazione predefinita
Negli ultimi anni Microsoft ha investito molto in sicurezza, ma sul fronte privacy Windows 10 e 11 continuano a raccogliere una quantità consistente di dati diagnostici e di utilizzo. Anche nella configurazione più restrittiva, Windows 11 obbliga l’invio di “dati diagnostici obbligatori” che non possono essere completamente disattivati dagli utenti Home e Pro.
Questi dati includono informazioni sul dispositivo, sull’uso delle app, sulle prestazioni, e possono arrivare fino a campioni di input da tastiera, penna e voce quando sono attivate funzioni di riconoscimento avanzato. Microsoft spiega che questi flussi servono a migliorare stabilità, sicurezza e personalizzazione, e che i dati vengono cifrati durante la trasmissione. Il problema per chi tiene alla privacy è il modello: non puoi scegliere un vero “off”, solo un “un po’ meno”.
In ambiente enterprise esistono strumenti per ridurre la telemetria a livelli minimi, ma spesso a costo di maggiore complessità e di possibili limitazioni negli aggiornamenti. Per l’utente comune, anche orientandosi meticolosamente nelle impostazioni, resta sempre un flusso di informazioni verso Microsoft, che rende difficile parlare di sistema operativo “privacy-first”.
macOS: privacy buona, ma comunque legata ad Apple
Rispetto a Windows, macOS ha un approccio alla privacy più sobrio e in genere meno invasivo. Apple ha impostato il sistema su un’idea chiara: il fornitore del sistema guadagna principalmente dall’hardware e dall’ecosistema, non dalla profilazione pubblicitaria diretta in stile big ad-tech. Ciò si traduce in numerose schermate di permessi granulari: accesso a microfono, fotocamera, posizione, file, sempre sotto controllo dell’utente.
macOS offre anche strumenti integrati che aiutano molto chi vuole una sicurezza “senza sbattimenti”: FileVault per la cifratura del disco, sandboxing delle app, protezioni hardware nei chip Apple Silicon, e un browser (Safari) che blocca in modo aggressivo i tracker. Allo stesso tempo, però, per usare davvero macOS come previsto sei quasi obbligato ad avere un Apple ID, ad agganciarti a iCloud, e ad accettare un certo livello di raccolta dati (ad esempio sull’uso delle app e sulle interazioni con Siri), che Apple dichiara di anonimizzare tramite tecniche come la “differential privacy”.
Per molti utenti questo compromesso è accettabile: buona privacy, poche impostazioni da toccare, un fornitore percepito come relativamente rispettoso. Ma resta un fatto: ti affidi comunque a una black box proprietaria, in cui l’unica garanzia è la parola dell’azienda e la normativa, non la possibilità reale di verificare il codice.
Linux: privacy per design
Linux gioca in un campionato diverso. È un kernel open source, attorno al quale esistono decine di distribuzioni (Ubuntu, Fedora, Debian, Linux Mint, Tails, ecc.) pensate per scenari diversi, ma tutte accomunate da un principio: il codice è aperto, la comunità può ispezionarlo, e nessuna singola azienda possiede la piattaforma. Questo ha una conseguenza enorme sulla privacy: è molto più difficile inserire meccanismi nascosti di raccolta dati su larga scala senza che qualcuno se ne accorga.
La maggior parte delle distribuzioni desktop non raccoglie alcun dato personale per impostazione predefinita. In alcuni casi (come Ubuntu) esiste una telemetria opzionale, presentata chiaramente al primo avvio e disattivabile con un semplice clic. Esistono poi distros radicalmente orientate alla privacy, come Tails, che lavora interamente in RAM e cancella ogni traccia alla chiusura, instradando tutto il traffico attraverso Tor. In altre parole: su Linux sei tu a decidere se e cosa condividere, non il sistema a decidere che “qualcosa deve sempre partire”.
Anche dal punto di vista della sicurezza, il mondo Linux ha strumenti molto potenti che si intrecciano bene con la privacy. Framework come AppArmor o SELinux permettono di confinare le applicazioni in profili strettissimi, limitando i danni in caso di compromissione. La gestione dei permessi è tipicamente più rigida: per installare software, modificare componenti di sistema o accedere a risorse sensibili servono sempre credenziali amministrative, e per impostazione predefinita non si lavora come utente “onnipotente”.
Linux vs Windows vs macOS: tabella privacy

Perché Linux brilla (davvero) sulla privacy
Mettere Linux “in super buona luce” non richiede forzature: basta guardare la combinazione di filosofia e pratica.
Modello senza incentivi alla raccolta dati
Linux non è un prodotto di una singola azienda che deve monetizzare tramite pubblicità, profilazione o servizi legati all’account. Il suo sviluppo è distribuito tra fondazioni, aziende, università e volontari, e questo riduce drasticamente gli incentivi economici a costruire un sistema operativo “curioso” per natura.Trasparenza radicale
Il codice sorgente del kernel e di gran parte del software usato sulle principali distribuzioni è accessibile a chiunque. Ciò significa che ricercatori, comunità di sicurezza e sviluppatori indipendenti possono controllare cosa fa il sistema e alzare la mano se qualcosa non torna. In un mondo dove i data breach e gli scandali di sorveglianza sono all’ordine del giorno, questa trasparenza è un’arma potentissima.Minimo indispensabile, non massimo possibile
L’approccio tipico di Linux è fornire il minimo necessario e lasciarti aggiungere ciò che ti serve, invece di preinstallare decine di servizi potenzialmente traccianti. Meno bloat, meno servizio superfluo, meno superficie per la raccolta e la fuga dei tuoi dati. Questo vale sia per il software visibile (app, servizi cloud) sia per quello “di basso livello” (servizi di telemetria, agent, moduli).Distribuzioni specializzate per la privacy estrema
Se la tua minaccia è elevata (giornalisti, attivisti, ricercatori, whistleblower) il mondo Linux offre soluzioni nate apposta: Tails, Qubes OS e altre distribuzioni che implementano isolamento forte, uso intensivo della cifratura e cancellazione delle tracce. In questo segmento, Windows e macOS semplicemente non hanno equivalenti con la stessa filosofia “tutto o niente” sulla privacy.
Obiezioni comuni su Linux (e perché, per la privacy, non sono un problema)
Chi viene da Windows o macOS solleva spesso alcune obiezioni, che vale la pena affrontare con onestà, proprio in un articolo di blog.
“Linux è più complicato”
Alcune distribuzioni, sì. Ma esistono progetti pensati per chi arriva da sistemi proprietari, con interfacce pulite, centri software grafici e installazione guidata. La differenza è che, dietro questa semplicità, non c’è un ecosistema che usa i tuoi dati come carburante: è una semplicità neutra, non pagata con la tua profilazione.“Linux non è sicuro come macOS/Windows”
La sicurezza è un campo complesso e dipende molto dal comportamento dell’utente, non solo dal sistema operativo. Windows e macOS hanno ottime soluzioni integrate (antimalware, sandbox, controlli hardware), mentre Linux beneficia di una base di codice estremamente scrutata e di un modello di permessi severo. Per un utente consapevole, è possibile costruire un setup Linux più sicuro di qualunque configurazione standard su desktop proprietari, proprio grazie alla libertà di scegliere ogni componente.“Mancano le app che uso”
In alcuni casi è vero, specialmente per software professionale di nicchia (grafica, montaggio video, lavorazione del suono, etc). Tuttavia, per un uso quotidiano orientato alla privacy (navigazione, mail, produttività, comunicazione) esistono alternative open source mature: browser integrabili con estensioni anti-tracking, suite d’ufficio open, client email con cifratura, messenger sicuri. Più ti sposti verso software libero, più riduci il rischio di tracciamento invisibile.



